Diga del Vajont: visita e informazioni utili su come arrivare

3 Lug , 2021 - Regione Friuli Venezia Giulia

Diga del Vajont: visita e informazioni utili su come arrivare

Qualche tempo fa ho avuto modo di partecipare ad un blog tour che includeva anche la visita alla Diga del Vajont: è stata parte di un tour che mi ha permesso di visitare Maniago e altre zone del Friuli Venezia Giulia. È stata un’esperienza unica e toccante. Credo che tutti ormai conoscano la triste storia della diga del Vajont e il disastro che ne è conseguito. Lo scopo della visita era proprio conoscerne gli avvenimenti che hanno portato alla morte di quasi 2000 persone.

La diga è un muro di cemento che separa la val Vajont da una parte e uno strapiombo infinito dall’altra. In fondo, tra le due pareti a V dei monti si vede il paese di Longarone, che ha pagato più di tutti per questa sciagura. Lo vedrete camminando lungo il coronamento della Diga del Vajont, in fondo alla valle. La brama di benessere e di denaro dell’uomo lo ha quasi raso al suolo.

Per visitare la Diga del Vajont è necessario avere una guida ed è un’esperienza che tutti dovrebbero fare: permetterebbe di aprire gli occhi su quanto la natura abbia la capacità di ribellarsi e come si riprenda ciò che è suo.

In questo articolo vorrei darti tutte le indicazioni utili ed i consigli su come visitare le Diga del Vajont, come arrivare e ti darò tutte le informazioni utili per questa esperienza.

Diga del Vajont
La Diga del Vajont

Visita alla Diga del Vajont: storia di un disastro annunciato

Lungo la strada della Val Cellina che costeggia la Val Vajont, poco prima di entrare o di uscire dalla galleria, a seconda del senso da cui arrivate, vi capiterà di vedere sempre qualcuno fermo sul bordo della strada a scattare foto ad un muro di cemento armato. Quel muro di cemento armato è diventato tristemente famoso la notte del 9 Ottobre 1963.

Diga del Vajont: le parole mi rimbombano in testa con lo stesso impeto dell’acqua che scende dal fiume o come una cascata inarrestabile. Acqua che trasborda dalle rive, dal letto del fiume, dalla diga stessa.

E quel cartello con tre numeri, una data e una frase a cui manca la domanda finale – “perchè tutto questo?” e a cui non si troverà mai risposta – indica l’inizio del vostro viaggio. Un viaggio non solo attraverso l’opera ingegneristica, ma attraverso la storia della Diga stessa.

Diga del Vajont
Cartello a memoria delle vittime del 9 Ottobre 1963

Ma perchè fu costruita?

Considerata una delle più grandi opere ingegneristiche dell’epoca, la diga fu costruita in questa valle perchè con l’annoveramento di più bacini idrici si sarebbe potuto fornire energia elettrica dalla provincia di Pordenone fino a Mestre e Venezia, fondamentale per lo sviluppo industriale del Paese.

Con la promessa di migliori condizioni legate al benessere e posti di lavoro per i locali della valle e in particolare per gli abitanti dei paesi di Erto, Casso e limitrofi, l’opera fu iniziata nel 1957 e terminata nel 1960. Fu eretto un muro di cemento pari a 261 metri d’altezza.

Lo specchietto per le allodole sotto forma di benessere e lavoro nascondeva la vera problematica della costruzione: una roccia non adatta ad ospitare un bacino idrico di tale portata – 115 milioni di metri cubi d’acqua al momento del disastro – .

Fatto ancora più grave, la SADE, società di gestione della diga, nascose i dati e la reale minaccia dovuta alla fragilità delle pareti del bacino idrico. Alla fine del torrente Vajont, secondo il progetto la diga avrebbe dovuto creare quello sbarramento utile per produrre energia elettrica e contenere l’acqua.

Diga del Vajont
Monte Toc

Nonostante le criticità indicate dagli studi, la presenza di alcune frane di piccola / media entità in zona e una frattura di 150 metri nel bacino, si decise di andare avanti lo stesso.

Durante le prove di invaso per il collaudo, l’acqua che avrebe dovuto toccare i 715 metri di altezza si ferma a 710.

La notte del 9 Ottobre 1963, alle 22.39, due chilometri del Monte Toc si staccano e finiscono dentro la diga del Vajont: è il disastro. La montagna causa un’onda tricuspide: la prima punta lambisce i paesi di Erto e Casso e ne distrugge alcune parti, la seconda sfiora Casso e ricade indietro, l’ultima alta 250 metri scavalca la diga e inizia travolgere tutto quel che incontra.

Longarone viene rasa quasi completamente al suolo. L’onda fermerà la sua corsa dopo 48 chilometri!

È una catastrofe senza precedenti.

DIga del Vajont
Longarone

Diga del Vajont: visita con una guida esperta

Per visitare la diga del Vajont occorre essere accompagnati da una guida turistica e la nostra guida alpina è di una bravura pari a pochi. Franco Polo, questo il suo nome, ci introduce al Vajont già dal giorno prima.

Siamo nella terra dello scrittore Mauro Corona, terra ancora in parte selvaggia e radicata alle tradizioni del passato. Qui il Vajont ha lasciato i segni. Non solo sulla terra, ma soprattutto sulle persone e Mauro Corona lo narra nei suoi libri.

Franco ci narra la storia della diga del Vajont indicandone nomi e responsabili, narrandone la storia come l’avesse vissuta in prima persona e fosse stato presente durante la costruzione e il tragico epilogo.

Il suo coinvolgimento emotivo coinvolge anche noi, ed è tipico di chi la tragedia l’ha vissuta sulla pelle. Per questo vi dico che per visitare la diga del Vajont dovete avere una guida. Perchè chi l’ha vissuta vi saprà dare dettagli che solo pochi conoscono.

DIga del Vajont
Franco ci spiega la storia della Diga del Vajont

Il percorso della visita

La nostra visita inizia da quel cartello con tre numeri, una data, una frase e una domanda che non c’è. Un cartello che sembra quasi ti venga sbattuto in faccia con la forza della rabbia degli abitanti del luogo. Si inizia da qui e si costeggia un lato della montagna, si varca l’ingresso e si percorre il coronamento della diga del Vajont.

Mentre si percorre il coronamento a destra c’è lo strapiombo, delimitato dal muro in cemento armato sotto cui si estende il torrente Vajont e si vede Longarone. A sinistra invece, dove una volta si trovava il bacino idrico, ora si trova la parte del monte Toc che si è staccata nel ’63. Sono 270 milioni di metri cubi di roccia. Immaginateli staccarsi a 110 km/h e scaraventarsi dentro un lago che non è abbastanza grande per contenere tutta la roccia che si stacca.

Diga del Vajont
Foto della Diga del Vajont

Mentre si cammina lungo il coronamento sbirciate tra i buchi delle gratte in ferro per ammirare la valle sottostante fino a Longarone oppure quel pezzo di monte Toc staccato dalla montagna

Arrivati alla fine della diga, ci si ritrova sul lato opposto a dove si trovava la postazione di comando, anche questa spazzata via dall’onda. In più tutta una serie di cartelli e insegne con la spiegazione della diga e la memoria. Qui la nostra guida ci ha spiegato un’altra parte della storia.

La visita al bosco vecchio

Come parte della visita alla Diga del Vajont abbiamo avuto modo di visitare anche il bosco vecchio. Una cosa che mi ha colpito in modo particolare è come, ancora una volta, la natura sappia rigenerarsi e stupire.

L’onda causata dalla frana ha travolto anche una parte del bosco sopra la parte del monte Toc che si è staccata. Tale onda, finita circa 200 metri più in alto, ha trascinato giù verso il lago molti alberi. Da allora gli alberi sono rimasti com’erano. Alcuni abbattuti, altri piegati, altri ancora sradicati. Nessuno li ha più toccati.

Diga del Vajont
Il bosco vecchio

Questo bosco si trova 70 metri più in alto rispetto alla diga. Ci troviamo all’ombra degli alberi ed assistiamo ad una vero “colpo di mano della natura”. Franco ci fa notare come molti alberi stesi abbiano sviluppato delle radici che partono verso il basso dai tronchi posti in orizzontale.

L’emblema è il Veliero e si incontra dopo circa una decina di minuti di cammino: è un tronco da cui partono altri tronchi verso l’alto, come fossero gli alberi di una nave.

E sotto si notano le radici verso il basso. Sembra quasi che questo tronco non abbia voluto morire e che si sia rigenerato per farsi beffe del disastro causato dall’uomo. Il tronco si è ripreso la sua vita. Perchè alla fine, la natura si riprende sempre quello che l’uomo le toglie.

Diga del Vajont
Il Veliero

Tra l’altro il Veliero assomiglia molto all’Olandese Volante di Pirati dei Caraibi, la nave di Davy Jones. Guardatelo bene.

La visita termina con l’uscita dal bosco vecchio: davanti a voi si vede il paese di Casso, dietro invece il monte Toc col suo pezzo di montagna mancante.

Una domanda però vorrei farvi: pensate che i responsabili del disastro abbiano pagato quanto meritavano?

Diga del Vajont: come visitarla, informazioni utili e consigli per la visita

Ecco come visitare la alla diga del Vajont: vi lascio alcune informazioni utili e qualche consiglio su come visitarla al meglio. Vi ricordo sempre che la visita è consentita solo con una guida.

  • Presentarsi all’ingresso 10 minuti prima dell’inizio della visita
  • Restare sempre col gruppo ed ascoltare le indicazioni delle guide
  • Mantenere la calma e ascoltare le indicazioni degli operatori senza assumere iniziative
  • Usare scarpe da ginnastica o scarpe comode
  • Non gettare rifiuti e oggetti dalla diga
  • Non fumare
  • Evitare la visita se si soffre di vertigini o crisi di panico. Informare la guida in caso di malessere.
Diga del Vajont
Monte Toc

Come prenotare la visita alla diga del Vajont

Se volete prenotare la vostra visita al Vajont e alla diga, qui al link che vi lascio la potete prenotare. Potete scegliere la data e l’ora in cui visitarla. Ricordate però che durante l’inverno la visita è sospesa. Costo di 7€ gli adulti e 4.50€ i ridotti.

Le visite si tengono durano circa 40 minuti ma se volete partecipare ad una visita guidata come fatto io assieme ad una guida naturalistica il tour completo dura circa 3 ore.

Dove parcheggiare

Il punto di partenza si trova nel parcheggio più vicino alla diga. Potete lasciare l’auto nel parcheggio al costo di 2€ l’ora, 10€ per tutto il giorno. In alternativa c’è un parcheggio a 5 minuti a piedi dal punto d’incontro a 1.30€ l’ora.

Vicino al cartello commemorativo lungo la staccionata si trova una lunga fila di bandierine colorate. Ogni bandierina rappresenta un bambino morto durante la tragedia. Per poter tener viva la memoria della tragedia, ogni anno in data 9 Ottobre le bandierine vengono sostituite.

Come arrivare alla diga del Vajont e dove si trova

Per arrivare la diga del Vajont potete farlo in auto tramite due vie:

  • Dall’autostrada A27 uscite a Cadore-Dolomiti, poi prendete la SS51 fino a Longarone, quindi la SR 251 direzione Erto e Casso e Diga del Vajont
  • Dall’autostrada A28 uscite a Cimpello e proseguite per Spilimbergo-Sequals-Maniago, arrivate fino a Maniago e da Montereale Valcellina prendete la SR251 direzione Barcis, Cimolais, Erto e Casso, Diga del Vajont.

La diga del Vajont si trova a pochi chilometri da Longarone, che è in provincia di Belluno, ma la stessa diga è in provincia di Pordenone a pochi chilometri dai paese di Erto e Casso.

Diga del Vajont
Casso

Cosa vedere vicino alla Diga del Vajont

Se siete in zona suggerisco di visitare i paesi di Erto e Casso. In particolare il paese di Erto è il paese di Mauro Corona, che oltre ad essere scrittore è anche sculture. Le sue sculture in legno sono apprezzate in tutto il mondo e il suo laboratorio di scultura è proprio qui a Erto. Si trova vicino alla trattoria Julia, una trattoria dove abbiamo mangiato benissimo, in particolare la selvaggina.


Bene, credo di avervi detto tutto sulla visita alla diga del Vajont, sulla storia e sul disastro. Se volete scoprire altre meraviglie sulla regione del Friuli Venezia Giulia, come la città di Pordenone, il Castello di Duino, il Castello di Miramare e la grotta di Gigante o la grotta di Pradis, cliccate sul link che vi riporterà ai post che ho scritto su questa meravigliosa regione.

Post in collaborazione con Ecomuseo Lis Aganis, che ha organizzato il blog tour assieme ad altri colleghi giornalisti e blogger. Grazie anche al Comune di Maniago, all’ufficio Turistico di Maniago, al consorzio dei Produttori di Pitina IGP e alla Diga del Vajont.


4 Responses

  1. La natura credo sempre si prenda ciò che è suo. Con calma e pazienza, ma con più forza di prima. e l’uomo continua a non capirlo.

  2. Una storia triste che merita di essere raccontata da chi l’ha vissuta. Sentirete l’emozione.

  3. La storia del Vajont la conosco perché più volte ho letto e visto speciali su quel disastro. Tuttavia penso che sentirla da una guida locale sia sempre speciale e quindi se dovessimo passare di lì seguiremmo volentieri i tuoi consigli!
    P.s. le dighe a me fanno sempre un po’ paura!

  4. Sarei curiosa di saperlo ma temo di immaginare la risposta. Il problema grosso è che spesso tendiamo a cancellare, a rimuovere pezzi di passato che invece sarebbe utile raccontare e raccontare ancora. Bella la storia del Veliero…la natura non la fermi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *